Qual
è lo Stato che può vantare una disoccupazione al 4,4%? E aumenti del
PIL a due cifre con incrementi dei redditi delle persone fisiche pari al
23% tra il 2006 e il 2009? Uno pensa: non può essere che la Cina.
Sbagliato. Anche nell’ansimante America c’è chi va alla grande. L’autore
di questo miracolo è il North Dakota, ovvero uno dei piccoli e in
apparenza marginali tra i 50 che compongono la federazione statunitense.
La sua fortuna? Aver dato retta, tra il 1915 e il 1920, alla
Nonpartisan League, un movimento locale che l’establishment tentò di
fermare bollandolo come populista, ma che in realtà era lungimirante.
Quel movimento indipendente propose agli elettori del North Dakota di
non aderire al Federal Reserve System ovvero al circuito finanziario
imperniato sulla Fed, la Banca centrale americana.
Pensavano,
i contadini dello Stato, che non ci si potesse fidare dei banchieri di
Wall Street e che fosse più saggio avvalersi di un Istituto
indipendente. Il tempo ha dato loro ragione.
Il successo del North Dakota è tutto qui: pur usando il dollaro come
valuta di scambio, oggi è l’unico Stato americano che non dipende dalla
Federal Reserve. A garantire le sue riserve sono i cittadini, i quali,
in caso di dissesti finanziari non potrebbero avvalersi
dell’assicurazione federale sui depositi. Lo Stato corre un rischio, ma
ipotetico: in oltre 90 anni di vita l’istituto non è mai stato in
difficoltà ed è passato indenne attraverso ogni crisi.
Per legge lo Stato e tutti gli enti pubblici devono versare i fondi
nelle casse della Banca centrale del North Dakota, che li usa non per
ottenere utili mirabolanti, né per oliare indebitamente le banche
private, ma per aiutare la crescita dello Stato. Di fatto agisce come
un’agenzia di sviluppo economico e dunque sostiene progetti
d’investimento, concede finanziamenti a tassi molto bassi, nonché un
numero impressionante di prestiti agli studenti a condizioni eque.
Sarà per la mentalità contadina di quella gente o per le virtù civiche
sia degli amministratori della banca che dei cittadini, ma il tasso di
spreco e di inefficienza è bassissimo. Per dirla in altri termini:
quegli investimenti non sono sprecati in progetti insensati o
improduttivi, dunque non producono carrozzoni parapubblici con interessi
e prospettive clientelari, ma producono ricchezza nel territorio e
dunque nuovo gettito fiscale, nuovi fondi per la banca; insomma,
generano un ciclo virtuoso.
Sembra l’uovo di Colombo, ma altro non è che il trionfo del buon senso.
In ultima analisi lo scopo della banca centrale di un Paese dovrebbe
essere quello di agevolare uno sviluppo economico armonioso e senza
squilibri finanziari o inflazionistici. La Bank of North Dakota ci
riesce a tal punto da chiudere ogni anno in utile (nel 2009 per 58
milioni di dollari), denaro che torna ai legittimi proprietari ovvero ai
contribuenti. Il sistema funziona così bene che diversi Stati americani
vogliono imitarlo. E mica solo staterelli, anche colossi come
California, Ohio, Florida, stufi di un meccanismo che negli ultimi
trent’anni ha creato una ricchezza illusoria.
La Federal Reserve, infatti, non appartiene ai cittadini americani, ma
alle banche, che pertanto sono i suoi azionisti di riferimento, così
come, peraltro, avviene per la Banca d’Italia. Il liberista Ron Paul da
anni sostiene, inascoltato, che una Banca centrale non è nemmeno
contemplata dalla Costituzione americana e che di fatto tradisce lo
spirito dei fondatori degli Stati Uniti d’America. Furono gli ambienti
di Wall Street, nel 1914, a indurre il presidente Wilson a creare la
Fed, la quale, però, nel corso dei decenni ha assunto compiti e generato
dinamiche devianti, sottraendo al popolo la sovranità finanziaria.
Contrariamente alla Fed, la North Dakota Bank non ha bisogno di
considerare interventi straordinari a sostegno di un’economia asfittica,
né di comprare i Buoni del Tesoro invenduti, per la semplice ragione
che lo Stato non ha debiti ed è addirittura in surplus. La North Dakota
Bank non ha seguito la moda dei subprime, né della cartolarizzazione dei
debiti, né delle altre diavolerie finanziarie escogitate negli ultimi
anni dai dissennati e avidissimi manager delle grandi banche d’affari.
Ha continuato ad essere una banca centrale al servizio della comunità,
capace di mettere a disposizione dei privati le risorse necessarie per
avviare imprese che poi non vivono di sussidi, ma secondo le regole di
mercato. È la rivincita di un’America semplice e vincente, ma di cui
nessuno parla mai.